Si sa che la pressione idrica nella rete pubblica non sempre è sufficiente a garantire la regolare erogazione d’acqua dagli apparecchi. I disagi più gravi si manifestano soprattutto nei periodi di maggiore utilizzo, quando la grande richiesta d’acqua determina un notevole abbassamento della pressione di alimentazione.
D’altra parte, anche in condizioni ordinarie, è probabile che già dal 4° o 5° piano, si possa avere una scarsa erogazione d’acqua.
Per superare questo limite, è quindi necessario installare un impianto di sopraelevazione idrica che, in funzione delle specifiche esigenze dell’utenza, può essere scelto tra i seguenti due tipi:
La classificazione tiene conto dell’aspetto economico e delle esigenze di praticità d’installazione in rapporto anche agli spazi disponibili. In realtà, la suddivisione non è così rigida e non esistono di fatto controindicazioni particolari che scoraggino l’installazione di un sistema senza autoclave, anche presso una grossa utenza.
Per individuare il gruppo di pressurizzazione più adatto, è fondamentale disporre di tutti i dati utili relativi alle caratteristiche dell’edificio da servire, in modo che si possa eseguire una stima del fabbisogno idrico, quanto più reale possibile. I due valori fondamentali da stabilire sono: la portata istantanea Q richiesta (in l/min. o in l/h) e la pressione minima di mandata Hm (in mH2O o kPa) che il gruppo dovrà fornire.
Il sistema comprende due o più pompe centrifughe in parallelo e serbatoi di espansione a membrana di piccole capacità che fungono da polmone. La pressione in rete viene mantenuta praticamente costante dalle pompe che si avviano in sequenza, seguendo le richieste dell’utenza secondo la taratura dei relativi presso stati. Per far si che il numero degli interventi orari sia limitato al minimo, è importante che le pompe vengano scelte in modo che alla portata massima fornita corrisponda la pressione minima richiesta dall’utenza. Si evita così che la pressione massima di esercizio venga raggiunta in tempi troppo rapidi, con il conseguente attacca e stacca del pressostato, che comporta alcuni inconvenienti non trascurabili, quali: l’usura ai contatti, consumi di energia notevole dovuta agli spunti, rumorosità, etc. Alcuni tipi di elettropompe sono equipaggiati con convertitori statici di frequenza che consentono la modulazione della velocità del motore. Quando la prima pompa raggiunge la velocità massima prevista, si avvia la seconda pompa, partendo dal numero di giri minimo. Dopo un numero di ore prestabilito, viene automaticamente invertito l’ordine di avviamento.
Tutte le considerazioni fin qui fatte e il relativo esempio di calcolo, partono dal presupposto che l’autoclave sia provvista di un sistema per il controllo e il ripristino automatico dell’aria. Se così non fosse, il volume dell’autoclave risulterebbe notevolmente maggiore, così pure i costi dei acquisto e di esercizio. Per questo motivo le autoclavi sono tutte corredate di compressori o alimentatori d’aria che mantengono la pressione d’aria nel serbatoio alla pressione minia P2, evitando un inutile lavoro di compressione da parte delle pompe. Contribuiscono inoltre a migliorare il servizio integrando l’aria che viene inevitabilmente assorbita dall’acqua in movimento, senza per questo dover svuotare il serbatoio e riempilo nuovamente di aria. Esistono infine alcuni modelli autoclave con membrana che non richiedono alcun sistema di alimentazione dell’aria, ma solamente i normali controlli della pressione di carico, come per i comuni vasi di espansione. Il volume utile del serbatoio varia in genere da 200 a 500 litri e ciò li rende particolarmente indicati per le piccole utenze.
Per determinare il valore della portata istantanea Q esistono vari metodi di calcolo che, partendo da ipotesi differenti, permettono di ottenere valori abbastanza precisi della quantità d’acqua, massima richiesta nei minuti di punta. Tra i diversi sistemi di calcolo disponibili, quelli maggiormente impiegati sono i seguenti:
Senza entrare nel merito del calcolo, per ognuno dei 3 sistemi, riportiamo un esempio riferito al terzo metodo, che si sviluppa in maniera meno articolata e fornisce dati più realistici. Considerando un edificio con 80 persone e ipotizzando, secondo una stima ampiamente confermata, che ogni persona consumi al giorno (media giornaliera annua) 180 litri e che il consumo medio giornaliero nel mese di massimo consumo sia pari a: 1,2 x 180 = 216 litri si può stabilire con buona approssimazione che il consumo massimo giornaliero nello stesso mese sia: 1,2 x 216 = 259 litri. Secondo le medesime stime, e in base all’esperienza, si può inoltre considerare che il consumo massimo orario nell’ora di punto (dalle 11 alle 12) sia superiore di circa il 50% del valore appena calcolato: 1,5 x 259/24 = 16,18 l/h. Dovendo però conoscere il consumo massimo di acqua durante il periodo di intervento della pompa che, per 10 periodi in 1 ora, corrispondono al massimo a 6 minuti, e ipotizzando che, per appartamenti ad uso abitazione il consumo massimo assoluto nei 6 minuti di punta sia circa 5 volte superiore al valore sopra calcolato,avremo: (16,18 x 5/60 min) = 1,348 l/min. per persona il che significa 80 x 1,348 =108 l/min. Come si può vedere, i calcoli vengono svolti partendo da ipotesi e dati statistici, non potendo, com’è ovvio, disporre di valori assoluti. Il procedimento analizzato, meno artificioso di quanto possa sembrare è inoltre utile come confronto, nel caso di disponesse di grafici e tabelle pratiche di selezione, in genere forniti dai costruttori di sistemi di pressurizzazione idrica. Nel caso invece fossero noti i valori di portata calcolati per il dimensionamento delle tubazioni, si frammenta che questi rappresentano il consumo di punta anche di pochi secondi e non possono quindi essere utilizzati per il calcolo del gruppo pompe, per il quale si dovranno considerare i consumi riferiti ad un certo tempo. Se, ad esempio, è stata calcolata una portata ai lavandini, in contemporanea funzione, pari a 1,4 l/min. si dovrà moltiplicare questo valore per il rapporto tra la durata media in minuti delle erogazioni considerate (per lavandini = 2 minuti) e i minuti di funzionamento delle pompe. Il pratica sarà: Q = 1,4 x 2/6 = 0,466 l/min.
Per entrambi i sistemi visti, è spesso indispensabile prevedere un serbatoio di prima raccolta che compensi le punte di consumo non nocesse dall’allacciamento diretto con l’acquedotto che metta al riparo da temporanee interruzioni dell’alimentazione. Il serbatoio avrà una capacità diversa a secondo che debba servire di riserva o da compenso. Nel primo caso viene dimensionato con una capacità pari alla quantità di acqua che deve essere erogata nel tempo di possibile mancanza di alimentazione. Il calcolo può essere fatto su basi statistiche, scegliendo cautelativamente, se non esistono particolari problemi di spazio una riserva di capacità pari al consumo medio giornaliero. Se invece il serbatoio serve solamente a compensare la portata istantanea della rete (è il classico caso delle grandi utenze che nelle ore di punta richiedono notevoli portate, che l’acquedotto non può erogare), è sufficiente che la capacità sia parti a circa 1/3 del consumo giornaliero.
Il calcolo della pressione minima che il gruppo di sollevamento dovrà fornire è senz’altro più immediato ed intuitivo rispetto a quanto visto per la portata.
La pressione minima di esercizio Hm è così ottenuta: Hm = He + Pe + Hr; dove He = altezza massima dell’edificio (m); Pe = pressione minima necessaria per il regolare funzionamento delle utenze più sfavorite (m.c.a.); Hr = perdite di carico totali nel tratto di distribuzione più sfavorito (m.c.a.).
Il termine Pe non sempre è di immediata individuazione e se non sono note le caratteristiche precise degli apparecchi da servire, si corre il rischio che l’acqua, pur raggiungendo le utenze più sfavorite dell’edificio, non abbia una pressione sufficiente a garantire la normale portata.
Prendendo ad esempio un fabbricato di 6 piani, nel quale le utenze più sfavorite, costituite da flussostati, siano ad una quota di 23 metri rispetto all’asse delle pompe o rispetto al livello dell’acqua nell’autoclave e ipotizzando che la perdita di carico delle tubazioni sia di 2 mH2O e che i flussostati per erogare la giusta portata richiedano una pressione a monte pari a 6 mH2O, la pressione minima di esercizio dell’impianto sarà: Hm = (23 +2 +6) = 31 mH2O.
L’impianto è essenzialmente costituito da un serbatoio chiuso, all’interno del quale una parte di volume viene occupata dall’acqua e la rimanente parte da aria che deve essere periodicamente immessa da un compressore o da un alimentatore d’aria. La pompa, facendo affluire l’acqua all’interno del serbatoio, comprime verso l’alto il cuscino d’aria, chiuso finchè non viene raggiunta la pressione massima di esercizio voluta, che determinerà l’intervento del presso stato di blocco della pompa. Prelevando acqua dalla rete, si avrà un abbassamento del livello nell’autoclave e la conseguente espansione dell’aria compressa, fintanto che, raggiunta la pressione minima impostata (Hm), il presso stato chiuderà il circuito e farà ripartire la pompa. Il dimensionamento dell’impianto comprende il calcolo della capacità utile dell’autoclave (Vu) e della portata dell’acqua erogata dalla pompa (Qv), nel periodo di tempo che intercorre fra ogni attacco e lo stacco successivo. Per limitare il numero di interventi delle pompe, si può intervenire aumentando la capacità dell’autoclave o la portata delle pompe. Un buon compromesso tra l’ingombro dell’autoclave, con relativi costi, e la potenza delle pompe installate, può essere tradotto nella seguente formula pratica: Qv = 30 x Q/Sc; dove: Q è la portata della pompa in litri al minuto, pari al consumo assoluto d’acqua nell’impianto; Sc è il numero massimo di interventi orari; mentre per calcolare il volume dell’autoclave (Vu) può essere utilizzata la seguente formula: Vu = Qv x (P1 + 1) / (P1 – P2); dove: P1 corrisponde alla pressione di disinserimento della pompa, in pratica la pressione massima ammessa nella rete di distribuzione; P2 è la pressione di inserimento della pompa, cioè la pressione minima per il regolare funzionamento degli apparecchi. A questo punto si conoscono tutti i dati necessari per il dimensionamento dell’autoclave. Proseguendo il calcolo del sistema di pressurizzazione per l’edificio considerato in precedenza e riassumendo i dati, avremo: